LE VISITE

domenica 10 febbraio 2013

Quello che di Mengoni non dicono





Si avvicina Sanremo, un evento che di per sé non credo possa avere una rilevanza assoluta per chi ama la musica, ma è sicuramente una vetrina per conoscere le proposte musicali dell’anno, circondate –come sempre- da un po’ di rumore mediatico fatto di applausi e critiche. Il tam tam  che si genera su blog, riviste, quotidiani (anche on-line) è sempre un flusso infinito di opinioni discordanti ed antitetiche, pronostici bizzarri, opinioni  che hanno più il sapore di sentenze di condanna, alcune di  assoluzioni e accese discussioni tra fans.
Insomma, il successo di Sanremo sembrerebbe decretato più da ciò che sta fuori dal palco che da ciò che vi sta dentro. Ma a questo siamo avvezzi da parecchi anni. Quest’anno, però, qualcosa  almeno all’apparenza sembra essere cambiata. Una leggera variazione di rotta, che farebbe ben sperare per le sorti future del festival.
In che senso? I conduttori Fabio Fazio e Luciana Littizzetto hanno puntato su un Festival più nostrano e meno internazionale e sulla scelta di concorrenti più vicini alla gioventù. Quella rottamazione fallita in politica, quello svecchiamento ritenuto da molti necessario sembra aver trovato una piena risposta nella lista dei cantanti in gara per il titolo che da ben sessantatre anni viene assegnato nella città ligure.  In questa prospettiva ci sembrano chiare le esclusioni di Anna Oxa ed Al Bano e l’ammissione in gara di giovani talenti come Chiara Galiazzo (ancora semi sconosciuta, vista la sua folgorante carriera musicale, che è ancora agli arbori) e soprattutto Marco Mengoni.
Fatta la dovuta premessa per chiarire il quadro d’insieme, mi sembra giunto il momento di puntare al nocciolo della questione. L’ammissione in gara di Marco, mi ha spinto a seguire con più attenzione le pagine musicali e culturali di questo ultimo mese e mezzo in cui i giornalisti si occupano di studiare i preparativi e di prendere volenti o nolenti in considerazione i cantanti in gara. Così, salta fuori dalle pagine delle riviste un bel mix di opinioni all’ascolto dei brani che ancora sono inediti per tutti coloro che stanno fuori dallo status quo privilegiato della stampa. Stampa, che sembra essere ripetitiva, ridondante e anche machiavellica nella descrizione dei pezzi. Ma più che questo, più che interessarmi al parere circa i brani che si basa inevitabilmente sui gusti insindacabili di chi ascolta e poi scrive, ho deciso di prestare attenzione alla considerazione che il critico presta all’artista che ha in cuffia e con cui si deve misurare. Per quanto riguarda Mengoni ne viene fuori un quadro largamente stereotipato, sciatto, piatto e in alcuni casi addirittura vuoto. Accanto al suo nome si legge inevitabilmente “vincitore di xFactor3”. Per quanto il successo nel talent non decreti di per sé un prodotto necessariamente commercializzato e dal sapore standard e per quanto, soprattutto, questo non possa essere detto della voce di Mengoni, l’etichetta che la critica gli lascia  ancora addosso è proprio quella di pupillo di Morgan, incontrastato nella seconda edizione del reality. Come se tutto finisse lì e non cominciasse invece proprio da quel palco in cui ha messo il primo mattoncino per la sua carriera. Il reality non viene visto come un’opportunità, come un modo per poter tirar fuori qualità che si devono comunque aprioristicamente possedere, ma come un marchio d’infamia perché macchia la gavetta che nei mitici anni ’60 e ’70 fecero i nostri più grandi artisti. L’ideologica convinzione che sta alla base di questa affermazione lascia intendere che i grandi vengono fuori grazie alla sapiente intuizione di un produttore discografico e non per merito di un televoto. Vorrei ricordare che artisti come Nek, Pausini e Giorgia sono stati scoperti grazie ai primi, rudimentali ed embrionali esempi di “talent” come Castrocaro o Sanremo Giovani. E’ anche vero che i talent lasciano inevitabilmente un segno di effimero successo, ma lo è solo nei casi in cui oltre un buon pezzo “che tira” non ci sia la stoffa ed il talento che possano sganciare dal panorama nazionalpopolare per essere invece lanciati nel mondo internazionale. Perché di Marco non viene detto che ha fans anche oltre Oceano, pur non avendo fatto neppure una tappa internazionale ed essendosi misurato solo con un rifacimento in spagnolo della sua In un giorno qualunque? Come si spiegano gli ammiratori in Messico, Brasile, USA, Canada? E’ credibile che si dica ancora di lui vincitore di xFactor e basta? Ok ricordare e ricordarsi sempre da dove si viene, ma non bisogna per questo smettere di guardare avanti.
Inoltre, il qualunquismo dilagante e che colpisce inevitabilmente anche la stampa ed i mass media, in generale, sembra attingere informazioni più da rudimentali e dozzinali profili di Wikipedia che dall’ascolto attento e sincero dei dischi. Su blog che non siano gestiti da fans, rarissimamente ho letto qualcosa di forte e concreto sull’ultima fatica di Marco. Mi riferisco all’album Solo 2.0. Chi ha accennato alla rivoluzionaria e geniale ideazione di un fumetto interattivo? Chi, in Italia, ha proposto questo nuovo modo di accompagnare il concept di un disco a delle immagini che racchiudessero un universo simbolico criptico ed intrigante con cui dar corpo ad un liet motiv che sarebbe poi diventato un tutt’uno con il suo breve ma intenso tour per i palazzetti? Possibile che neppure questo riesca a convincere?
E se neppure il talento puro, nudo, semplice e disarmante bastasse, perché non guardare in extremis anche la lunghissima sequela di successi e di premi? Perché non ricordare il Best European Act, che neppure artisti che girano il mondo come Zucchero, Ramazzotti, Vasco Rossi hanno mai ottenuto nella loro carriera? Perché non citare da ultimo, la vittoria del miglior tour del 2012? Perché si ignorano i complimenti Mina, Biondi, Celentano, Zero&Co.? O il premio legato al doppiaggio cinematografico Leggio D’oro, vinto in passato da un mostro sacro come Alberto Sordi? O ancora, perché non ricordare, ammesso che si sappia, che è stato a Casa Azzurri durante le ultime Olimpiadi di Londra per rappresentare l’eccellenza musicale Italiana insieme ad altri grandi artisti? E soprattutto, perché le radio hanno ostacolato e fatto ostruzionismo nei confronti dei tre singoli estratti dalla sua ultima fatica?
Questo e molto altro è tutto quello che di Mengoni non dicono. Non voglio aprire un’inchiesta o farne un caso, ma semplicemente sottolineare come quella stessa critica abbia due facce incoerenti: da un lato condanna e pretende chissà quale impegno culturale (ed anche questo concetto dovrebbe essere approfondito e chiarito), dall’altro sembra ignorare ciò che invece potrebbe essere considerato un buon substrato creativo per una carriera solida e che si spinga oltre i confini italiani. Abbiamo bisogno di più sensibilità e di meno ragione, abbiamo bisogno che le politiche commerciali siano al servizio dell’arte e non il contrario e di fondo, bisognerebbe avere una sincerità gratuita nei confronti del bello e non del conveniente. Non si dovrebbe giudicare in base al “può vendere”, ma al “questo è Bello”. Bisogna trovare una prospettiva che metta d’accordo quantità e qualità non protendendo assolutisticamente per l’una o per l’altra. Bisogna trovare un metro di giudizio che sia giusto e che metta insieme tutti i pezzi che compongono il puzzle, altrimenti avremo sempre una critica monca, zoppa e che soprattutto nei confronti del grande pubblico, lontano dagli aggiornamenti frequenti del web, abbia rispetto e mostri anche ciò che è meno conosciuto per infondere curiosità. Bisognerebbe staccarsi da certi stereotipi e clichè che relativisticamente inquadrano in categorie ben precise. L’Arte per sua natura è libera e questo Marco l’ha capito e lo sa bene ed è proprio nella sua voce che questa percezione viene fuori con naturalezza, una voce camaleontica, mutevole e sfuggente a qualsiasi paragone o confronto e che si libera in tonalità basse e profonde ed in altre quasi irraggiungibili per i comuni mortali, ma entrambe di una forza che abbattono qualsiasi semplicistica critica giornalistica e musicale che lo vorrebbe, a suo giudizio insindacabile, deciso e non indeciso, come se essere alla ricerca per nuove forme musicali fosse una colpa. Ed invece si perde il senso stesso della musica che è proprio quella di stupire per colpire dritto all’anima. Non è la ripetizione meccanica di tecniche canore a rendere grande un artista, ma la sua fresca e vivace creatività che si discosta dal terreno per muoversi sul campo dell’emozione. E’ la varietà dei colori dell’arcobaleno a far grande il cielo. Ogni tanto bisognerebbe ricordarselo.
In conclusione, dunque, con quali antidoti guardare questo Festival di Sanremo ormai alle porte?
Mi permetto di dare qualche piccola indicazione. Innanzitutto, leggete poco i giornali, seguite le interviste solo per ascoltare il parere dei cantanti che v’interessano e lasciate da parte ogni spunto polemico sterile, spesso è l’arma con cui si fanno riconoscere i giornalisti mediocri. Poi, concentratevi sulle canzoni, sui testi (leggeteli tante volte e provate a dar loro un significato tutto vostro, attinente con la vostra realtà emozionale). Non affidatevi ai pareri degli altri. In una parola: siate indipendenti. Date alla critica il giusto peso. Sono esseri umani, hanno dei gusti, delle preferenze che influiscono sulle decisioni, per cui non affidatevi alle speculazioni ma alla vostra intelligenza musicale. Ricordatevi che il successo di un brano o di un disco dipende da chi ne usufruisce, perciò restate indifferenti agli stereotipi di chi non ha la vostra preparazione in merito alla carriera artistica dei cantanti di cui siete fan (si veda più su cosa ho detto in merito al qualunquismo). Ed infine: emozionatevi. Abbassate il volume durante gli scketch politici, le battute comiche o altro. Entrate nella dimensione della musica. Provate a seguire l’orchestra con il cuore, assaporate la bellezza di una voce che canta dal vivo e che comunque vuole lanciare un messaggio. Sentitevi liberi di dissentire, di dire la vostra, sempre.
Detto questo, auguro a tutti una bella settimana sanremese piena di dense ed intense emozioni, partecipate attivamente, gareggiate dando supporto; in attesa che Marco Mengoni risorga dalle ceneri del’Inferno per lasciarsi invadere da una luce che sarà anche nostra. Un nuovo inizio per tutti. Prepariamoci al meglio per il ritorno del Re.

VALENNTINA RAGAGLIA

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