Si avvicina Sanremo, un evento
che di per sé non credo possa avere una rilevanza assoluta per chi ama la
musica, ma è sicuramente una vetrina per conoscere le proposte musicali dell’anno,
circondate –come sempre- da un po’ di rumore mediatico fatto di applausi e
critiche. Il tam tam che si genera su
blog, riviste, quotidiani (anche on-line) è sempre un flusso infinito di
opinioni discordanti ed antitetiche, pronostici bizzarri, opinioni che hanno più il sapore di sentenze di
condanna, alcune di assoluzioni e accese
discussioni tra fans.
Insomma, il successo di Sanremo
sembrerebbe decretato più da ciò che sta fuori dal palco che da ciò che vi sta
dentro. Ma a questo siamo avvezzi da parecchi anni. Quest’anno, però, qualcosa almeno all’apparenza sembra essere cambiata.
Una leggera variazione di rotta, che farebbe ben sperare per le sorti future
del festival.
In che senso? I conduttori Fabio
Fazio e Luciana Littizzetto hanno puntato su un Festival più nostrano e meno
internazionale e sulla scelta di concorrenti più vicini alla gioventù. Quella
rottamazione fallita in politica, quello svecchiamento ritenuto da molti necessario
sembra aver trovato una piena risposta nella lista dei cantanti in gara per il
titolo che da ben sessantatre anni viene assegnato nella città ligure. In questa prospettiva ci sembrano chiare le esclusioni
di Anna Oxa ed Al Bano e l’ammissione in gara di giovani talenti come Chiara
Galiazzo (ancora semi sconosciuta, vista la sua folgorante carriera musicale,
che è ancora agli arbori) e soprattutto Marco Mengoni.
Fatta la dovuta premessa per
chiarire il quadro d’insieme, mi sembra giunto il momento di puntare al
nocciolo della questione. L’ammissione in gara di Marco, mi ha spinto a seguire
con più attenzione le pagine musicali e culturali di questo ultimo mese e mezzo
in cui i giornalisti si occupano di studiare i preparativi e di prendere
volenti o nolenti in considerazione i cantanti in gara. Così, salta fuori dalle
pagine delle riviste un bel mix di opinioni all’ascolto dei brani che ancora
sono inediti per tutti coloro che stanno fuori dallo status quo privilegiato
della stampa. Stampa, che sembra essere ripetitiva, ridondante e anche
machiavellica nella descrizione dei pezzi. Ma più che questo, più che
interessarmi al parere circa i brani che si basa inevitabilmente sui gusti insindacabili
di chi ascolta e poi scrive, ho deciso di prestare attenzione alla
considerazione che il critico presta all’artista che ha in cuffia e con cui si
deve misurare. Per quanto riguarda Mengoni ne viene fuori un quadro largamente
stereotipato, sciatto, piatto e in alcuni casi addirittura vuoto. Accanto al
suo nome si legge inevitabilmente “vincitore di xFactor3”. Per quanto il
successo nel talent non decreti di per sé un prodotto necessariamente
commercializzato e dal sapore standard e per quanto, soprattutto, questo non
possa essere detto della voce di Mengoni, l’etichetta che la critica gli lascia
ancora addosso è proprio quella di
pupillo di Morgan, incontrastato nella seconda edizione del reality. Come se
tutto finisse lì e non cominciasse invece proprio da quel palco in cui ha messo
il primo mattoncino per la sua carriera. Il reality non viene visto come un’opportunità,
come un modo per poter tirar fuori qualità che si devono comunque
aprioristicamente possedere, ma come un marchio d’infamia perché macchia la
gavetta che nei mitici anni ’60 e ’70 fecero i nostri più grandi artisti. L’ideologica
convinzione che sta alla base di questa affermazione lascia intendere che i
grandi vengono fuori grazie alla sapiente intuizione di un produttore
discografico e non per merito di un televoto. Vorrei ricordare che artisti come
Nek, Pausini e Giorgia sono stati scoperti grazie ai primi, rudimentali ed
embrionali esempi di “talent” come Castrocaro o Sanremo Giovani. E’ anche vero
che i talent lasciano inevitabilmente un segno di effimero successo, ma lo è
solo nei casi in cui oltre un buon pezzo “che tira” non ci sia la stoffa ed il
talento che possano sganciare dal panorama nazionalpopolare per essere invece lanciati
nel mondo internazionale. Perché di Marco non viene detto che ha fans anche
oltre Oceano, pur non avendo fatto neppure una tappa internazionale ed
essendosi misurato solo con un rifacimento in spagnolo della sua In un giorno
qualunque? Come si spiegano gli ammiratori in Messico, Brasile, USA, Canada? E’
credibile che si dica ancora di lui vincitore di xFactor e basta? Ok ricordare
e ricordarsi sempre da dove si viene, ma non bisogna per questo smettere di
guardare avanti.
Inoltre, il qualunquismo dilagante
e che colpisce inevitabilmente anche la stampa ed i mass media, in generale,
sembra attingere informazioni più da rudimentali e dozzinali profili di
Wikipedia che dall’ascolto attento e sincero dei dischi. Su blog che non siano
gestiti da fans, rarissimamente ho letto qualcosa di forte e concreto sull’ultima
fatica di Marco. Mi riferisco all’album Solo 2.0. Chi ha accennato alla rivoluzionaria
e geniale ideazione di un fumetto interattivo? Chi, in Italia, ha proposto
questo nuovo modo di accompagnare il concept di un disco a delle immagini che
racchiudessero un universo simbolico criptico ed intrigante con cui dar corpo
ad un liet motiv che sarebbe poi diventato un tutt’uno con il suo breve ma
intenso tour per i palazzetti? Possibile che neppure questo riesca a
convincere?
E se neppure il talento puro,
nudo, semplice e disarmante bastasse, perché non guardare in extremis anche la
lunghissima sequela di successi e di premi? Perché non ricordare il Best
European Act, che neppure artisti che girano il mondo come Zucchero,
Ramazzotti, Vasco Rossi hanno mai ottenuto nella loro carriera? Perché non citare
da ultimo, la vittoria del miglior tour del 2012? Perché si ignorano i complimenti
Mina, Biondi, Celentano, Zero&Co.? O il premio legato al doppiaggio
cinematografico Leggio D’oro, vinto
in passato da un mostro sacro come Alberto Sordi? O ancora, perché non ricordare,
ammesso che si sappia, che è stato a Casa Azzurri durante le ultime Olimpiadi
di Londra per rappresentare l’eccellenza musicale Italiana insieme ad altri
grandi artisti? E soprattutto, perché le radio hanno ostacolato e fatto
ostruzionismo nei confronti dei tre singoli estratti dalla sua ultima fatica?
Questo e molto altro è tutto
quello che di Mengoni non dicono. Non voglio aprire un’inchiesta o farne un
caso, ma semplicemente sottolineare come quella stessa critica abbia due facce
incoerenti: da un lato condanna e pretende chissà quale impegno culturale (ed
anche questo concetto dovrebbe essere approfondito e chiarito), dall’altro sembra
ignorare ciò che invece potrebbe essere considerato un buon substrato creativo
per una carriera solida e che si spinga oltre i confini italiani. Abbiamo
bisogno di più sensibilità e di meno ragione, abbiamo bisogno che le politiche
commerciali siano al servizio dell’arte e non il contrario e di fondo,
bisognerebbe avere una sincerità gratuita nei confronti del bello e non del
conveniente. Non si dovrebbe giudicare in base al “può vendere”, ma al “questo
è Bello”. Bisogna trovare una prospettiva che metta d’accordo quantità e
qualità non protendendo assolutisticamente per l’una o per l’altra. Bisogna
trovare un metro di giudizio che sia giusto e che metta insieme tutti i pezzi
che compongono il puzzle, altrimenti avremo sempre una critica monca, zoppa e
che soprattutto nei confronti del grande pubblico, lontano dagli aggiornamenti frequenti
del web, abbia rispetto e mostri anche ciò che è meno conosciuto per infondere
curiosità. Bisognerebbe staccarsi da certi stereotipi e clichè che
relativisticamente inquadrano in categorie ben precise. L’Arte per sua natura è
libera e questo Marco l’ha capito e lo sa bene ed è proprio nella sua voce che
questa percezione viene fuori con naturalezza, una voce camaleontica, mutevole
e sfuggente a qualsiasi paragone o confronto e che si libera in tonalità basse
e profonde ed in altre quasi irraggiungibili per i comuni mortali, ma entrambe
di una forza che abbattono qualsiasi semplicistica critica giornalistica e
musicale che lo vorrebbe, a suo giudizio insindacabile, deciso e non indeciso,
come se essere alla ricerca per nuove forme musicali fosse una colpa. Ed invece
si perde il senso stesso della musica che è proprio quella di stupire per
colpire dritto all’anima. Non è la ripetizione meccanica di tecniche canore a
rendere grande un artista, ma la sua fresca e vivace creatività che si discosta
dal terreno per muoversi sul campo dell’emozione. E’ la varietà dei colori dell’arcobaleno
a far grande il cielo. Ogni tanto bisognerebbe ricordarselo.
In conclusione, dunque, con quali
antidoti guardare questo Festival di Sanremo ormai alle porte?
Mi permetto di dare qualche
piccola indicazione. Innanzitutto, leggete poco i giornali, seguite le
interviste solo per ascoltare il parere dei cantanti che v’interessano e
lasciate da parte ogni spunto polemico sterile, spesso è l’arma con cui si
fanno riconoscere i giornalisti mediocri. Poi, concentratevi sulle canzoni, sui
testi (leggeteli tante volte e provate a dar loro un significato tutto vostro,
attinente con la vostra realtà emozionale). Non affidatevi ai pareri degli
altri. In una parola: siate indipendenti. Date alla critica il giusto peso.
Sono esseri umani, hanno dei gusti, delle preferenze che influiscono sulle
decisioni, per cui non affidatevi alle speculazioni ma alla vostra intelligenza
musicale. Ricordatevi che il successo di un brano o di un disco dipende da chi
ne usufruisce, perciò restate indifferenti agli stereotipi di chi non ha la
vostra preparazione in merito alla carriera artistica dei cantanti di cui siete
fan (si veda più su cosa ho detto in merito al qualunquismo). Ed infine:
emozionatevi. Abbassate il volume durante gli scketch politici, le battute
comiche o altro. Entrate nella dimensione della musica. Provate a seguire l’orchestra
con il cuore, assaporate la bellezza di una voce che canta dal vivo e che
comunque vuole lanciare un messaggio. Sentitevi liberi di dissentire, di dire
la vostra, sempre.
Detto questo, auguro a tutti una
bella settimana sanremese piena di dense ed intense emozioni, partecipate
attivamente, gareggiate dando supporto; in attesa che Marco Mengoni risorga
dalle ceneri del’Inferno per lasciarsi invadere da una luce che sarà anche
nostra. Un nuovo inizio per tutti. Prepariamoci al meglio per il ritorno del
Re.
VALENNTINA RAGAGLIA
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