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venerdì 19 ottobre 2012

Recensione - Costanza Miriano, Sposati e sii sottomessa, Firenze, Vallecchi, 2011.

A quasi un anno di distanza, essendo l'argomento sempre attuale e rilevante, il blog decide di proporre una recensione del libro di Costanza Miriano "Sposati e sii sottomessa". La validità degli argomenti esposti, basati sulla voce autorevole del Magistero della Chiesa, fanno di questa recensione un'ottima chiave di lettura e una guida sicura per comprendere efficacemente il messaggio del libro in tutte le sue sfumature.

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Il 2011 sta per chiudersi e nel mondo cattolico, anzi kattolico, al femminile quest’anno potrebbe essere intitolato l’anno di Costanza Miriano. Se qualche rivista o periodico nostrano avesse la stessa abitudine del periodico statunitense Time, a qualcuno verrebbe senza dubbio l’idea di indicarla come “personaggio dell’anno”, perché in effetti il suo primo libro di rumore ne ha prodotto parecchio nella cerchia dei cattolici senza se e senza ma; ha ricevuto lodi entusiastiche, osanna, standing ovation a ripetizione; ci sono certi gruppi in cui, magari, posso immaginare che si faccia la ola al solo pronunciare il suo nome. Insomma, un fenomeno. Ci sono altri, al di fuori del mondo cattolico (ma anche al suo interno) che al solo sentire il titolo dell’opera prima della giornalista, si fanno prendere dalla nausea e iniziano a lanciare anatemi alla cieca o, più moderatamente, vengono colti da una perplessità colma di sconcerto per cui preferiscono respingere con un educato “no grazie” persino l’idea di aprire il pericoloso libretto. Nel contempo però, si lanciano in critiche più o meno accese di un libro mai letto in base all’istinto emozionale che il titolo ha prodotto nella loro mente.

In ogni caso, il rumore è stato tanto e all’uscita del libro sono seguiti interviste, incontri, convegni e tutto quanto fa spettacolo (come diceva un vecchio slogan di una trasmissione televisiva di qualche anno fa) per incoraggiare, diffondere, pubblicizzare il libro in questione. Si è “scomodata” la migliore intelligencija cattolica D.O.C. di persona o su carta stampata, con una compattezza che desta ammirazione per chi, specialmente da cattolico, guarda e segue da vicino le vicende culturali del cattolicesimo italiano contemporaneo.
Il titolo è molto particolare, è destinato a creare tifoserie che arrivano magari persino ad armarsi di gadgets; in ogni caso si fa notare e, probabilmente, è servito a incrementare le vendite dello stesso libro.

Essendo sposata da quasi 22 anni, essendo madre di cinque figlie, cattolica, per indole e formazione molto sensibile ai temi della vita e della famiglia, all’uscita del libro mi sono chiesta se valesse la pena spendere più di dodici euro per acquistarlo. Mi è stato garantito da più parti che il titolo era fuorviante, che non dovevo cadere nella trappola di chi non ne capiva gli intenti, che dovevo leggerlo perché mi avrebbe convinta da cima a fondo. L’ho comprato e l’ho letto la prima volta nel giro di una notte. Poi l’ho riletto altre due volte per essere davvero sicura di averlo capito nel profondo e in tutti i suoi aspetti. Sono abituata a non lanciare, per quanto possibile, giudizi avventati e ci tengo a esprimere il mio parere solo dopo aver ben chiaro in testa di cosa si parla. Devo premettere tutto questo perché altrimenti molti non capirebbero lo spirito di assoluta buona fede degli interventi estemporanei che mi è capitato di buttare qua e là nella bacheca di una mia amica e che qualche giorno fa hanno scatenato una delle più disordinate e incomprensibili discussioni a cui mi è capitato di partecipare su Facebook. Comunque, ho capito che questo libro è, in un certo senso, dinamite e che accennare ad un dissenso per alcuni è come sparare sulla Croce Rossa.

Siccome io mi sento intellettualmente onesta e dotata di quella libertà dei figli di Dio che mi dà il permesso di esprimere con motivazioni ragionevoli e circostanziate il mio pensiero, ho deciso di dare forma ad una recensione, per illustrare quali sono, secondo me, i punti di forza e quelli di debolezza di questo libro.

I punti forza risiedono a mio avviso, innanzitutto, nel fatto che questo libro vuole essere, in tempi tempestosi e spaventosi come questi che stiamo vivendo, uno sponsor forte e deciso del matrimonio cattolico, una voce alta e fedele alla cultura della vita, una denuncia senza ambiguità della scarsa considerazione che il mondo del lavoro riserva alla donna madre. Ho trovato bellissima la lettera indirizzata alle due bimbe più piccole dell’autrice e quelle dirette alle amiche in cui si celebrano le croci e le delizie della maternità. In certi passi mi sono commossa fino alle lacrime.
Ma esistono, in questo libro, dei punti di debolezza che, sempre a mio avviso lo rendono problematico. Innanzitutto la pretesa universalistica, che si evince da molti passaggi, della “ricetta” che la Miriano propone alle donne cattoliche. Non si tratterebbe di descrivere, quindi, uno spaccato della vita di una singola coppia ma più forse di fornire la formula universale per vedere finalmente i matrimoni durare e poggiare su solide basi.

1) “Basta con le femmine alfa e i maschi omega. Dovrai imparare a mollare le redini (...). Non potrai dirigere tutto (...) dovrai far fare a tuo marito” (p. 38).  Sembra un vero e proprio imperativo categorico.
“Il segreto [di un matrimonio santo e felice] è che le donne di fronte all’uomo che hanno scelto facciano un passo indietro (...). Bisogna competere al contrario (...). E bisogna farlo anche quando non se ne capisce il motivo, quando si è intimamente convinte di avere ragione” (pp. 111-2).
Altra affermazione che appare al lettore priva di qualunque sfumatura. Per altro, l’enciclica Casti Connubi (1930) di papa Pio XI, specifica che la sottomissione della donna al marito ha uno scopo ben preciso, cioè “vieta quella licenza esagerata che non cura il bene della famiglia, vieta che nel corpo di questa famiglia sia separato il cuore dal capo”.  E non è affatto vero che è sempre valido l’asserto: “Nel dubbio, comunque, obbedisci” (p.118). Infatti al punto 29 della stessa enciclica si legge: “Quanto poi al grado ed al modo di questa soggezione della moglie al marito, essa può essere varia secondo la varietà delle persone, dei luoghi e dei tempi; anzi, se l'uomo viene meno al suo dovere, tocca alla moglie supplire nella direzione della famiglia. Ma in nessun tempo e luogo è lecito sovvertire o ledere la struttura essenziale della famiglia stessa e la sua legge fermamente stabilita da Dio”.
Questa struttura è quella descritta dalla Genesi. "Sono ad un tempo uguali in quanto persone e complementari in quanto maschio e femmina", così la descrive il Catechismo della Chiesa Cattolica (372). Quindi, aggiunge: "I membri [della famiglia] sono persone uguali in dignità. Per il bene comune dei suoi membri e della società, la famiglia comporta una diversità di responsabilità, di diritti e di doveri" (ivi, 2203).

2) In secondo luogo, le maggiori perplessità su questo volumetto vanno rintracciate, secondo me, nell'accezione marcatamente sbilanciata che si dà al termine sottomissione, che per altro l’autrice collega solo ed esclusivamente alla parte femminile della coppia. Il marito, per quello che si evince da una lettura attenta e ponderata del libro, più che il ruolo di primus inter pares, ha quello di dominus o di dux.

3) In terzo luogo, non è dimostrato da nessuna parte che la via della sottomissione femminile unilaterale, condotta senza cedimenti sia la modalità unica e perfetta per risolvere ogni problema (o la maggior parte) all’interno di tutte le coppie dell’universo mondo.
“La donna compiuta ama per prima (...). Con la sua sottomissione costruisce il padre perché lo mette sopra di sé, gli dà autorità. Si fida perché sa chi è e non ha paura di perdersi lasciando vincere un altro, anzi l’altro” (p. 68).
Io ho letto che “Questa comunione coniugale affonda le sue radici nella naturale complementarietà fra l’uomo e la donna e si alimenta mediante la volontà personale di condividere l’intero progetto di vita, di ciò che hanno e di ciò che sono: perciò tale comunione è il frutto e il segno di un’esigenza profondamente umana” (Familiaris Consortio, 17).
La scoperta e l’obbedienza al disegno di Dio devono farsi insieme dalla comunità coniugale e familiare, attraverso la stessa esperienza umana dell’amore vissuto nello Spirito di Cristo fra gli sposi, fra i genitori e i figli” (Familiaris Consortio, 51).
La coppia di sposi forma una comunione, fondata antropologicamente sulla pari dignità fra uomo e donna stabilita all’atto della Creazione, in cui *ognuno* si riconosce e si completa nell’altro, l’uomo nella donna e la donna nell’uomo e non è detto da nessuna parte che il padre si costruisce perché la moglie se lo porta sulle spalle, altrimenti non esisterebbe neppure. Non è la donna a dare identità all’uomo (o viceversa). L’identità è data da Dio che ha voluto l’uomo completarsi a vicenda nell’essere maschio e nell’essere femmina. L’uomo e la donna, specchiandosi l’uno nell’altra, riconoscono questa reciproca identità, ma non la creano.

4) “Verso tuo marito sarà il tuo istinto, ma egli ti dominerà, dice la Genesi. (...) Quando una donna si mette al di sotto non per essere schiacciata ma per accogliere, indica la strada anche all’uomo e a tutta la famiglia. La donna precede l’uomo, che ha bisogno di essere accolto” (p. 129).
Il beato Giovanni Paolo II scrive: “Questa affermazione di Genesi 3, 16 è di una grande, significativa portata. Essa implica un riferimento alla reciproca relazione dell'uomo e della donna nel matrimonio. Si tratta del desiderio nato nel clima dell'amore sponsale, che fa sì che «il dono sincero di sé» da parte della donna trovi risposta e completamento in un analogo «dono» da parte del marito. Solamente in base a questo principio tutt'e due, e in particolare la donna, possono «ritrovarsi» come vera «unità dei due» secondo la dignità della persona. L'unione matrimoniale esige il rispetto e il perfezionamento della vera soggettività personale di tutti e due. La donna non può diventare «oggetto» di «dominio» e di «possesso» maschile” (Mulieris Dignitatem, 10).
E ancora: “«Verso tuo marito sarà il tuo istinto, ma egli ti dominerà». Il superamento di questa cattiva eredità è, di generazione in generazione, compito di ogni uomo, sia donna che uomo. Infatti, in tutti i casi nei quali l'uomo è responsabile di quanto offende la dignità personale e la vocazione della donna, egli agisce contro la propria dignità personale e la propria vocazione” (ibidem).
La Sposa (...) è colei che riceve l’amore per amare a sua volta” (ivi, 29).

5) “Sposati e sii sottomessa”? Nel titolo è racchiuso tutto il libro. Il titolo non è meramente provocatorio, ma compendia in modo semplice, netto e inequivocabile l’ethos che la Miriano assegna all’essenza del matrimonio cristiano, senza equivoci. Tutto il suo ragionamento pare fondarsi sulla lettura di quanto S. Paolo afferma nella Lettera agli Efesini, ma Giovanni Paolo II insegna che:
L'autore della Lettera agli Efesini non vede alcuna contraddizione tra un'esortazione così formulata [«Voi, mariti, amate le vostre mogli»] e la constatazione che «le mogli siano sottomesse ai loro mariti come al Signore; il marito, infatti, è capo della moglie» (5, 22-23). L'autore sa che questa impostazione, tanto profondamente radicata nel costume e nella tradizione religiosa del tempo, deve essere intesa e attuata in un modo nuovo: come una «sottomissione reciproca nel timore di Cristo» (cf. Ef 5, 21); tanto più che il marito è detto «capo» della moglie come Cristo è capo della Chiesa, e lo è al fine di dare «se stesso per lei» (Ef 5, 25) e dare se stesso per lei è dare perfino la propria vita. Ma, mentre nella relazione Cristo-Chiesa la sottomissione è solo della Chiesa, nella relazione marito-moglie la «sottomissione» non è unilaterale, bensì reciproca! (Mulieris dignitatem, 24).
Quindi coloro che vedono nel legame matrimoniale un riflesso obbligato, per analogia, del rapporto Cristo-Chiesa, per cui seguendo tale modello, la donna è sottomessa all'uomo, devono riflettere seriamente sul fatto che qui il beato Giovanni Paolo II spiega che non è così.

Il concetto è espresso in modo ancor più pregnante da papa Wojtyla nel corso dell'Udienza generale dell'11 agosto 1982, quando afferma: "L’amore esclude ogni genere di sottomissione, per cui la moglie diverrebbe serva o schiava del marito, oggetto di sottomissione unilaterale. L’amore fa sì che contemporaneamente anche il marito è sottomesso alla moglie, e sottomesso in questo al Signore stesso, così come la moglie al marito. La comunità o unità che essi debbono costituire a motivo del matrimonio, si realizza attraverso una reciproca donazione, che è anche una sottomissione vicendevole".
Nella stessa occasione, il Pontefice spiega: "Tale rapporto, tuttavia, non è sottomissione unilaterale. Il matrimonio, secondo la dottrina della lettera agli Efesini, esclude quella componente del patto che gravava e, a volte, non cessa di gravare su questa istituzione. Il marito e la moglie sono infatti «sottomessi gli uni agli altri», sono vicendevolmente subordinati. La fonte di questa reciproca sottomissione sta nella «pietas» cristiana, e la sua espressione è l'amore" (ibidem).

La donna non può arrogarsi il diritto di dichiararsi il fondamento unico ed esclusivo del matrimonio; è invece la reciproca sottomissione dei coniugi nel timore e nell’amore di Cristo che costituisce il fondamento granitico, cementato dalla grazia effusa dal sacramento nuziale, della famiglia. I figli, dal canto loro, devono obbedire ed essere sottomessi ad entrambi i genitori.
La comunione coniugale costituisce il fondamento sul quale si viene edificando la più ampia comunione della famiglia (...). Tutti i membri (...) ognuno secondo il proprio dono, hanno la grazia e la responsabilità di costruire giorno per giorno la comunione delle persone” (Familiaris Consortio, 21).
Il padre sarebbe “l’autorità suprema” (p. 169)? No, entrambi i genitori: “I genitori eserciteranno la loro irrinunciabile autorità” (Familiaris Consortio, 21). Non è solo il padre a "incarnare la regola" davanti ai figli (con le madri che non vengono neppure prese in considerazione quando danno un ordine), ma sono in genitori ad incarnare le regole e che devono esigere la giusta obbedienza. Senza trascurare il fatto che danneggia la famiglia sia il padre assente, sia il padre oppressivo.
In questo libro, la donna - astrattamente e quindi ideologicamente intesa - è l'elemento da cui dipende tutto. E proprio quell'autosufficienza che si vorrebbe definitivamente scaraventare fuori dalla porta, la si fa rientrare, sotto travestimento, dalla finestra. Nessuno basta a se stesso, soprattutto nella concreta realtà della comunione sponsale. Se uno non fa da supporto all'altra, in una vera gara d'amore, di aiuto, di sostegno reciproco, come gli scalatori in cordata, si finirà prima o poi nell'abisso.
"La donna e l'uomo non riflettono un'uguaglianza statica. E omologante, ma nemmeno una differenza abissale e inesorabilmente conflittuale: il loro rapporto più naturale, rispondente al disegno di Dio, è l'unità a due, ossia una unidualità relazionale, che consente a ciascuno di sentire il rapporto interpersonale e reciproco come un dono arricchente e responsabilizzante" (Giovanni Paolo II, Lettera alle Donne, 8).
La Miriano invita le donne ad accettare con libera scelta consapevole quello che le nostre nonne erano costrette a subire. Ma se dietro quel mondo di dominio maschile, spesso duro, in cui la dignità della donna come persona poteva anche non essere presa in considerazione, c'era qualcosa di sbagliato, lo stesso non cambia solo per il fatto che venga accettato liberamente. Se una cosa è sbagliata resta tale, sia sotto costrizione, sia per scelta.


Il magistero ordinario, nel suo sviluppo, è l’unico possibile e legittimo esegeta scritturale per un cattolico e va considerato nella sua interezza, non per sezioni. Non ci si può fermare nel punto che piace di più escludendo il resto. Quindi, il magistero attuale sull’argomento, pur non mai negando, ma sempre comprendendo naturaliter quello precedente, permette al Popolo di Dio di avere una sempre più perfetta guida nel cammino di santità. Il pensiero della Chiesa, insomma, si perfeziona sempre più sotto la guida dello Spirito Santo. Esso ci porta via via ad “un’intelligenza migliore nelle esigenze morali del mondo della persona”, come giustamente ha precisato nel 1974 la Pontificia Commissione Teologica internazionale, citando ad exemplum proprio il brano della Lettera agli Efesini.
La comunione sponsale è una comunione duale di persone dinamicamente relazionantesi in una sinergia di uguaglianza e diversità. Il ruolo degli sposi è quello della sottomissione reciproca in Cristo, contribuendo ciascuno con i propri talenti, i propri carismi, il proprio essere intero all’edificazione della Chiesa domestica, in spirito di santificazione reciproca e di dono di sé totale e irreversibile, apportando così un fondamentale contributo alla santificazione della famiglia nel suo complesso e poi dell’intera società, per ricapitolare in Dio tutte le cose. In tale contesto, si può vedere che il ruolo del marito non può essere più di quello di un primus inter pares.
In conclusione, a mio avviso, il libro di Costanza Miriano, pur complessivamente positivo, contiene dei notevoli sbilanciamenti nella valutazione del significato del concetto di sottomissione, quasi che la valutazione dell’autrice si fosse fermata solo ad un certo punto dell’insegnamento magisteriale, facendone prevalere una parte e trascurandone un’altra, creando, in parole semplici, una incrinatura in quell’unica ermeneutica della continuità che è l’unico modo in cui è lecito guardare ciò che viene pronunciato a vario titolo dalla Cattedra di Pietro.
Pertanto, io lo ritengo un libro di nicchia, un testo per molti, ma non per tutti, in quanto lo sbilanciamento di cui ho parlato, potrebbe scandalizzare i lontani o i cattolici poco preparati o un po’ confusi. E anche nei cattolici preparati, attenti e obbedienti al magistero, la lettura del libro è da consigliare cum grano salis, proprio a causa di una lettura forse parziale e imprecisa del magistero ecclesiastico. Bisogna considerare, infine, che quello che propone l’autrice è innanzitutto la sua esperienza di moglie e non è lecito affermare apoditticamente in nessuna maniera che occorre rispecchiarsi per forza in essa come unico modo possibile per affrontare il matrimonio. Non si tratta di una guida infallibile ed unica. Non è la mappa del tesoro, perché quello che può andar bene per la famiglia di Costanza Miriano potrà poco adattarsi ad altri. In questo libro ci si può legittimamente ritrovare, come anche no, altrettanto legittimamente. Pertanto non devono sentirsi in difetto coloro che trovano alimento per la propria vita matrimoniale in quanto è detto altrove (per es., nelle catechesi Giovanni Paolo II sull’amore umano), né devono sentirsi portatori della verità assoluta coloro che si ritrovano a vario titolo in questo libro.

In certis unitas, in dubiis libertas, in omnibus caritas” (S. Agostino).


                                                                                                                  ALESSANDRA SPANO'

Dottoressa in Filosofia, insegna filosofia e storia presso il liceo classico della sua città.










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