LE VISITE

domenica 17 giugno 2012

SAY YES TO THE DRESS! WHY NOT?


Che sia bianco, panna, champagne, di pizzo, taffetà, seta, organza, ricamato, stretto o largo non ha importanza, la cosa che conta è averlo ad ogni costo…Non avete ancora capito? Ma sì! E’ il vestito da sposa! Quante bambine fin da piccole hanno sognato l’abito da sposa dei loro sogni? Quante si sono viste incoronare e coronare il loro romantico sogno d’amore con un fantastico e scintillante abito indosso? Penso tutte, nessuna esclusa.
Ultimamente si sente spessissimo che il matrimonio sta perdendo sempre più “importanza”, soppiantato da altre forme più liquide e instabili di convivenza che comunque, potenzialmente garantiscono di non finire cucinato da un avvocato con un conto molto salato a fine relazione, allo stesso tempo permettono il lusso di vivere come una normale coppia sposata. Il matrimonio, d’altro canto, quando c’è, spesso è basato su fondamenta di paglia, pronte a bruciare alla prima scintilla. Il divorzio, ormai è una “operazione di routine”. L’eccezione, nei tempi duri che viviamo, sembra essere il matrimonio duraturo, quello che suona più o meno così: la prima volta è per sempre, finchè morte non vi separi (e direi: anche oltre). La società che ci circonda, la cultura dell’anti-famiglia, anti-bambini, anti-vita, come scintilla di degenerazione consta di una perdita sostanziale dell’importanza del vincolo matrimoniale. La famiglia, fondata sul matrimonio (come recita anche la nostra Costituzione, che da più parti viene sbandierata per difendere valori molto più opinabili) è il nucleo primordiale e centrale della società. Ed è così, e deve essere così in ogni angolo del nostro mondo, perché si tratta di diritto naturale, cioè insito nell’uomo stesso. Il matrimonio, in particolar modo quello cattolico, considera l’unione carnale, il compimento supremo e la realizzazione di un amore, che avviene perché attraverso la carne vi è un unione di anime in comunione con Dio. Questo rapporto, che non tiene conto dell’altra Persona che vi partecipa, inevitabilmente scade, si deteriora e perde tutta la sua naturale bellezza. Se non c’è un amore sigillato da un patto, non può esservi vita, senza uomini e donne, non esisterebbe la società e senza la società, il mondo da chi sarebbe popolato? Già assaggiamo le prime dosi di cicuta dateci dal riconoscimento delle coppie di fatto in più parti d’Europa e del mondo (l’Italia ancora tiene duro -per altri è semplicemente indietro- ma per quanto ancora?) e delle unioni (sì, unioni, mi rifiuto di usare la parola matrimonio, che viene da latino e vuol dire: mura materne, quindi, impossibile ritrovare l’accezione dell’accoglienza alla vita in una coppia che tutto può fare, meno che procreare) omosessuali. La famiglia regge il mondo. Né la sola donna, né il solo uomo. Bensì la loro unione. Fatto questo piccolo accenno sull’importanza dell’unire la propria vita alla persona che si ama più di se stessi, bisogna andare a cercare il nocciolo duro della questione che vorrei trattare. Ultimamente (veramente, ormai un paio d’anni), seguo su un canale sky (il 124, per l’esattezza) vari programmi sul matrimonio. Un primo programma molto accattivante spiega come un wedding planner organizzi fin nel minimo dettaglio un matrimonio, senza far fare brutta figura agli sposi e creando atmosfere di altri tempi, soprattutto accontentando ogni desiderio dei novelli sposini. E’ divertente ed istruttivo allo stesso tempo. Perché? Prima di tutto, chi non è ancora sposato può prendere spunto per qualche idea per il proprio matrimonio e quindi, detto volgarmente “farsi una cultura” su come sistemare le posate, come preparare ed imbandire la tavola e la Chiesa, quali bomboniere offrire in dono agli ospiti e così via, nel rispetto del bon ton e del buon gusto made in Italy. Secondariamente, ci si può sentire rincuorati dal fatto che esista ancora qualcuno che abbia il barbaro coraggio di mettere una fede al dito e un sigillo sul cuore. Ed infine, grazie alla bravura del wedding planner il programma acquisisce toni leggeri e briosi, che comunque non fanno perdere di vista la tenerezza nel vedere la commozione di parenti ed amici che, inevitabilmente spingono a pensare e ad immaginare il momento del “sì” nelle giovani fanciulle ancora single e che nelle mamme di quest’ultime, invece risveglia il ricordo di quel giorno, diventato ormai anniversario. L’altro programma, invece, è: Abito da sposa cercasi. Adoro questo programma, si possono prendere tantissimi spunti e imparare molti trucchi e accorgimenti per il proprio abito da sposa. Ho sempre pensato che questi programmi siano utilissimi, di certo più di Sex and City, o Disperate Hausewife e così via. Ma mi sbagliavo. Di recente, su un blog mi è capitato di leggere che programmi così vanno disprezzati.
Su cosa verterebbe questa ardua sentenza?
Sul fatto che l’attenzione sia esclusivamente focalizzata sull’abito della sposa e che non prenda in considerazione altro che riguardi il matrimonio. Ora, cari amici, se un programma tratta di cucina cinese, può parlare anche della cucina italiana? No. Ma questo attacco è semplicemente un atto compiuto da quattro puritani che pensano di essere gli eletti sul tema “matrimonio”. Invece, consiglio a tutti, giovani e meno giovani, sposati o meno, di guardare questo programma (se ovviamente, ne hanno le possibilità), perché quando intervistano le ragazze che devono scegliere il loro abito raccontano sempre come si sono conosciute con il proprio lui, sul perché si sposano, su come sia bello e fortemente atteso questo momento e così via. Quindi, non è una smodata fiera della vanità, anche perché qualche ragazza con un portafogli non troppo largo è costretta a scegliere un abito che costi poco e questo significa  non mettere davanti ad esigenze e costi il proprio io, ma piuttosto prendere in considerazione che vi sono delle spese che richiedono molti sacrifici e che sfruttarli solo per un abito, non è per tutti, in questi tempi di crisi, poi! Ma anche se l’abito fosse pomposo qual è il problema? Possiamo, noi leggere nei cuori altrui e sapere se quelle ragazze a parte la preoccupazione della ricerca del vestito (alcune si riducono proprio all’ultimo momento, quindi, anche in questo caso vorrei capire dove sia tutto questo fregolo e ossessione per l’abito) non abbiano poi in fondo capito, cosa sia il matrimonio? No. Questi programmi, invece, vanno inquadrati nella giusta ottica. Essere belle per il proprio (futuro) marito, non è peccato, dare valore anche alla veste sponsale nemmeno. Anche perché, a queste signore moraliste (che poi sono le prime a fare da sponsor a ben altra vanità: tacchi smisurati e smalti ad ogni occasione) andrebbe ricordato il valore simbolico dell’abito da sposa, da sempre molto presente nella nostra cultura: è simbolo di purezza. Perché non dare rilievo anche a questo aspetto? Perchè non cercare di rivalutare la purezza  della sposa anche partendo da questi programmi innocenti? Cerchiamo di non fare troppo i sofisticati e gli snob, poiché ci si perde soltanto. Cerchiamo invece, di prendere quel che di buono ci circonda e utilizziamolo per i nostri fini. Solo così avremo provato a combattere la buona battaglia. Dire di sì al vestito, vuol dire aver detto sì al matrimonio.

STEFANIA RAGAGLIA

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