LE VISITE

domenica 20 febbraio 2011

UNITA' SI, RISORGIMENTO NO

Il 12 Febbraio si è tenuto nella Protomoteca capitolina del Campidoglio, l’appuntamento annuale di Alleanza Cattolica.

Quest’anno, però, in occasione dei festeggiamenti per il centocinquantesimo anniversario dell’Unità l’Italia si è pensato di fare le cose in grande. Il numero dei partecipanti si aggira sulle quattrocento persone, il che sta a significare un grande successo, che si riscontra anche nella sensibilità degli ospiti che sono intervenuti. La giornata può essere divisa sostanzialmente in due parti. Nella prima parte del Convegno hanno preso parte: Marco Invernizzi che si è occupato della questione cattolica, Mauro Ronco, che ha lungamente e analiticamente esaminato la questione istituzionale, Francesco Pappalardo, invece, si è occupato la questione meridionale e Marina Valensise con “la memoria ritrovata”e, infine il saluto del sindaco di Roma, l’on Alemanno. Nel pomeriggio sono invece intervenuti: S. E. Mons. Luigi Negri, vescovo di San Marino-Montefeltro; on. Alfredo Mantovano; on. Alessandro Pagano; on. Massimo Poliedri.E le conclusioni finali sono state affidate a Massimo Introvigne e Giovanni Cantoni. In questo articolo vorrei riportare, direttamente alcune parole dello stesso Invernizzi sulla questione cattolica, che poi è quella che spesso viene più trascurata e ignorata:

<<La questione cattolica durante gli anni successivi alla Restaurazione, in Italia, apparentemente non esiste. Il Magistero pontificio e l’azione diplomatica della Santa Sede sono orientati esplicitamente contro l’opera delle società segrete, contro il razionalismo illuminista e contro lo stesso nazionalismo romantico. Tuttavia i governi della Restaurazione, come accennato, non sono su questa linea e guardano con diffidenza, se non con ostilità, ai cattolici ultramontani o controrivoluzionari. L’esempio del Principe di Canosa è emblematico. L’impressione, che andrebbe verificata e approfondita, è che i cattolici in generale siano in ritardo di fronte ai mezzi che la Rivoluzione usa da tempo per penetrare nell'opinione pubblica con strumenti come libri e giornali. Iniziative ne nascono, certamente, come i giornali controrivoluzionari di Torino, Modena e Napoli, le cui vicissitudini sono raccontate nell’antico ma prezioso libro di Sandro Fontana sulla controrivoluzione cattolica in Italia. Ma questi giornali devono guardarsi dagli stessi regimi della Restaurazione, così come l’associazione controrivoluzionaria più all’avanguardia in questo settore, l’Amicizia cristiana (Amicizia cattolica dopo il 1815) del ven. Pio Bruno Lanteri, che viene sacrificata, cioè condannata all’estinzione, nel 1827, dallo stesso governo piemontese. Fontana sostiene la tesi che la cultura controrivoluzionaria italiana di questo periodo è soprattutto debitrice di quella proveniente dalla Francia, dove con la fine di Napoleone si sviluppa un fiorente e fecondo ambiente di controrivoluzionari, che producono diverse opere poi tradotte nel resto d’Europa: Lamennais, De Bonald, il già ricordato de Maistre. Infatti, in Italia la cultura controrivoluzionaria non riesce a emergere, nonostante importanti figure di intellettuali e uomini di governo, fra cui Clemente Solaro della Margarita, mons. Baraldi, Monaldo Leopardi, padre Ventura, il già ricordato principe di Canosa. Insomma tira una brutta aria per i cattolici militanti, se posso esprimermi in questo modo. Qualcuno, come il beato Antonio Rosmini, tenta una strada diversa, dopo avere frequentato e condiviso gli stessi ideali delle Amicizie. […] Il Papa spiegherà ripetutamente che l’ostilità della Santa Sede all’unificazione non è di principio, ma nel modo in cui si sta attuando. Ricorderà pure che un potere temporale è necessario perché la Chiesa possa svolgere liberamente la sua missione spirituale, ma che l’entità del territorio è discutibile, così come si comprenderà dopo il Trattato e il Concordato con lo Stato italiano del 1929. Ma ormai, dopo il 1848, lo scontro fra la Chiesa e il movimento nazionale è nelle cose. E la Chiesa si trova di fatto alleata con l’impero guidato dal giovane imperatore Francesco Giuseppe, anch’esso diviso in almeno tre componenti culturali diverse, delle quali soltanto una favorevole a instaurare un rapporto con la Chiesa che restituisca a quest’ultima la libertà che il giurisdizionalismo le aveva sottratto.>>

Per quanto riguarda la seconda parte della giornata, vorrei postare alcune parole del vice-reggente nazionale di Alleanza Cattolica, Massimo Introvigne:

<ethos italiano è stato dunque riformulato in un modo creativo di fronte alle sfide della modernità, mantenendo il radicamento nella tradizione cattolica e sviluppando così un’identità nazionale diversa da quella, descritta da Weber, di alcuni Paesi a maggioranza protestante. Questo ethos è riuscito a governare il processo di modernizzazione dell’Italia? La risposta non può che essere sfumata, e implica una distinzione fra il popolo e le élite. A livello popolare l’ethos cattolico ha certo governato, fra luci e ombre, la trasformazione che ha fatto dell’Italia uno dei Paesi più importanti, almeno dal punto di vista economico, dell’Occidente contemporaneo. La transizione è stata governata in modo non traumatico, mantenendo il realismo tipico dell’ethos cattolico e il rifiuto delle utopie, e senza perdere il collegamento con le tante tradizioni e peculiarità locali delle diverse Italie. D’altro canto – per una serie di ragioni del resto ampiamente note – le élite e i «poteri forti» hanno cercato di guidare il processo di modernizzazione dell’Italia – nelle sue dimensioni politiche, economiche e culturali – contro l’ethos nazionale cattolico, pur prevalente nella popolazione, e sotto la forte influenza del partito anti-italiano. Il processo di formazione dell’ethos nazionale che mi sono sforzato di descrivere mostra come l’Italia fosse unita, proprio intorno a questo ethos e al rifiuto di popolo – non solo di vertice e di prìncipi – che gli italiani opposero alla Riforma protestante nel secolo XVI, ben prima del 1861. Il partito anti-italiano ha sognato per secoli una rivincita rispetto alla sconfitta che gli italiani avevano inflitto alla Riforma nel Cinquecento, impedendole di varcare le Alpi. Non fu il partito anti-italiano a inventare l’idea di un’unità politica dell’Italia: anche altre correnti di pensiero ne vedevano vantaggi, nel contesto politico ed economico internazionale del secolo XIX. Ma fu questo partito a egemonizzare la forma che l’unità prese con il Risorgimento, abito unico e centralista – mentre altri pensavano a un cauto federalismo, rispettoso delle ricchezze dell’Italia preunitaria – imposto a un Paese unito dal suo ethos cattolico ma diverso nelle sue cento peculiarità locali. Per imporre all’Italia questo abito non si poteva che negarne l’ethos, cioè negare la storia e le tradizioni concrete cercando di sostituirle – anche attraverso l’opera della scuola di Stato – con il modello astratto e utopistico di una nazione nuova, studiata a tavolino secondo ideali d’ingegneria sociale tipicamente massonici[50]. E lo sforzo, spesso brutale, di vestire tutti gli italiani con lo stesso abito di legno distrusse tradizioni, culture e anche economie che – come quella del Regno delle Due Sicilie, e a ulteriore smentita della vulgata pseudo-weberiana secondo cui il progresso economico avrebbe potuto affermarsi solo nei Paesi protestanti – non erano affatto in rovina prima del 1860[51], ma furono mandate in rovina dopo per ragioni ampiamente ideologiche. Sono temi che dovrebbero indurre a un riesame del rapporto fra l’ethos italiano e le case regnanti dell’Italia preunitaria, a partire – per tradizione e dimensioni del regno – proprio da quella monarchia delle Due Sicilie la cui storia è stata oggetto di una clamorosa opera di diffamazione e di mistificazione che ha voluto abbattersi con particolare violenza su un mondo che aveva dato un contributo di speciale rilievo alla cultura cattolica italiana ed europea. >>

Detto questo è facile capire che, Benigni, ha letteralmente falsato la realtà storica con il suo intervento al Festival. E possiamo stroncare le sue romanticherie risorgimentali con le parole di due insospettabili soggetti: Gramsci e Garibaldi stesso: <<Quella piemontese è stata una feroce dittatura che ha messo a ferro ed a fuoco l'Italia Meridionale e le isole, crocifiggendo, squartando, seppellendo vivi i contadini poveri che gli "scrittori salariati" tentarono di infamare con il marchi...o di Briganti>> (ANTONIO GRAMSCI).
<<Quando i posteri esamineranno gli atti del governo e del Parlamento italiano durante il risorgimento(risorgimento poi, da che?), vi troveranno cose da cloaca>> G. Garibaldi.

Infine, sono disponibili gli atti del Convegno di Roma "1861-2011. A centocinquant'anni dall'Unità d'Italia. Quale identità?" al prezzo di 18 euro comprensive delle spese di spedizione. Per info e ordini: info@libreriasangiorgio.

STEFANIA RAGAGLIA

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