LE VISITE

mercoledì 23 settembre 2009

IL FOLLE FURORE SACRO: LE BACCANTI


"Non è sapienza il sapere, l'avere pensieri superiore all'umano. Breve è la vita, chi insegue troppi grandi destini non gode il momento presente. Costumi stolti di uomini dissennati, stiano lontani da me!" (Baccanti, Euripide, vv. 395-402)

C’è qualcosa d’insito nella stessa natura umana tale da renderla superiore alle altre e tale da ergerla a capo della piramide biologica. Molti, credono stia nel fatto che l’uomo abbia le facoltà intellettive che riescano a permettergli di distinguere le azioni istintuali da quelle razionali e di porre la ragione come punto di riferimento per ogni azione. Ma io credo che si debba andare ancora più nel profondo. C’è un legame radicale e radicato che stringe l’uomo al cielo, un giogo che lo lega a quello spazio blu, intoccabile eppure costantemente presente sopra di lui. Quel legame si chiama spiritualità e poi, più specificatamente religione. L’uomo, fin dalla notte dei tempi si è posto dei quesiti che ancora attendono una risposta definitiva: “ Chi sono?”, “Dove vado?”, “ Cosa c’è dopo la morte?”. Sono proprio questi quesiti che non trovando una risposta nella natura dell’uomo, devono necessariamente anelare a qualcosa di più alto, di più sacro e di più misterioso. Ed ecco che viene fuori il bisogno di credere. Dapprima nel cielo, negli alberi e nelle piante, poi nei tuoni, nei lampi e nei fulmini, poi ancora in dei dalle più disparate caratteristiche e con compiti ben precisi; fino ad arrivare alla più grande religione politeista, la più grande proprio perché i miti ed i racconti desueti su déi ed eroi legati ad essi, sono innumerevoli e perché coinvolse due culture ben distinte, quella greca e quella romana. Nella religione greca si parla di Caos (disordine primordiale) e di successivo ordine dato dal più grande e forte di tutti gli dei, Zeus, che governa incontrastato l’Olimpo, sede degli déi immortali che reggono il destino dell’intera umanità. Si parla di Ade, il regno dei morti, e di Parche (del presente, del passato e del futuro), che tessono, filano e tagliano la vita degli uomini. Ma cosa spinge l’uomo greco a dare queste, prime ed embrionali risposte alle domande più intime della propria esistenza? E’ il bisogno di chiarire l’inconoscibile, di dare un volto ad eventi e circostanze, di dare un perché alla physis (natura) e al fenomenon (cosa che appare). Ed ecco, che la spiritualità diventa religione. Diventa credere in qualcosa ed in qualcuno e renderlo l’artefice della propria vita e di tutto quello che i giorni gli riservano, diventa un condizionamento che incatena l’uomo alle sue paure ed ai suoi timori. Diventa un dovere. Spiegati quindi gli altari ed i sacrifici, oppure i templi; ma di certo restano un mistero, affascinante se vogliamo, tutti quei riti misteriosi, svelati solo agli adepti. Ecco oggi la nostra riflessione si spinge verso quelli che sono i riti del dio più gradito ai greci: Dioniso. Il dio del vino, della vendemmia e dei vizi, spesso rappresentato con una corona di pampini ed una coppa in mano, racchiude in sé ogni eccesso, ogni desiderio bramoso e spasmodico. I riti delle Baccanti, donne che misteriosamente vengono ammesse ai culti del dio, riservati a pochissime, vengono descritti, anche se con qualche nota fantastica, nella tragedia Euripidea, dove l’arrivo del dio, crea disordine all’interno della città di Tebe. Il rito baccanale ha effettivamente inizio con l'oreibasìa, vale a dire la corsa sui monti. Ma a lungo ci si è interrogati sul significato di questa pratica: si è pensato a una danza propiziatoria per le messi, ma tale ipotesi, basata sulla comparazione con altre civiltà, è in palese contraddizione con il fatto che i baccanali si svolgevano in pieno inverno. Molto probabilmente la danza è una forma cultuale in grado di dare pieno appagamento allo spirito religioso dell'uomo, per cui il mito delle baccanti rappresenta una sovrapposizione più recente a una pratica antichissima e non infrequente anche in altre religioni. L'oreibasìa rituale potrebbe allora essere nata come forma di canalizzazione di episodi di isterismo ricorrenti ma irregolari e perciò pericolosi. Il culto di Dioniso dà infatti forma a qualcosa che è già presente nella psicologia di un gruppo umano, lo disciplina e lo rende innocuo. Inoltre, un altro elemento costitutivo del rito è il cosiddetto thiasos primordiale, la cui provenienza microasiatica può essere ravvisata nell'uso di tamburelli e cimbali per accompagnare le danze, se non addirittura nel grande tamburo sciamanico importato dalla tradizione coribantica. Un elemento costitutivo e soprattutto noto nel mistico culto del dio è l’orgia, dove i corpi delle donne del seguito di Dioniso si uniscono ad elementi appartenenti al mondo degli animali, o come descritto nei racconti mitici ai satiri. Fatto sta che ancor'oggi, i riti delle baccanti restano avvolti nel mistero, in un'ombra che soltanto chi ha avuto modo di accedere a tali atti di devozione, ovviamente molto lontani da quelli della religione cristina, conosce in ogni dettaglio.

Per cogliere meglio e con maggiore intensità, la spiritualità intercalata nella religiosità, ecco la parodo del coro della tragedia delle Baccanti:

CORO

Da terra d’Asia giungo,
a corsa sfrenata giù dal sacro Tmolo,
per Bromio soave peso,
sfinimento felice,
Bacco invoco, euòi.
Chi sulla via? Chi sulla via?
Chi nelle case? Si faccia da parte!
Pura ogni bocca
in silenzio santo:
gli inni di rito
leverò a Dionìso.
Beato, chi per grazia del dio
conosce i misteri divini
e vive vita santa
in comunione d’anima col tiaso,
e celebra il dio sui monti
con purificazioni sante.
Beato, chi celebra i riti
della Gran Madre Cibele
e in alto agita il tirso
e d’edera incoronato
si fa servo di Dioniso.
"Venite Baccanti! Venite Baccanti!",
Bromio, dio figlio di un dio,
Dionìso scortate giù
dai monti di Frigia
all’ampie strade di Grecia,
Dionìso è Fremito.
Lo serbava nel grembo,
un giorno, la madre tra doglie di parto fatali.
Poi a volo piombò il tuono di Zeus,
lei lo espulse dal ventre,
e schiantata dal fulmine
lasciò la vita.
Subito Zeus, figlio di Crono,
lo accolse nella guaina segreta
della sua coscia cucita con fibbie dorate,
all’oscuro da Hera.
E lo partorì, dio cranio di toro,
quando le Moire compirono il tempo,
e lo coronò di corone di serpi:
da allora le Menadi,
nutrici di fiere,
intrecciano serpenti tra i capelli.
O Tebe, nutrice di Sèmele,
incorònati d’edera,
rivèstiti, rivèstiti dei fiori
dello smilace verde bello di frutti,
libera i freni al furore di Bacco.
Con rami di quercia o d’abete,
intreccia con fiocchi di candida lana
le vesti di pelle screziata di cervo
e accanto ai nartèci violenti
fatti santa: presto la terra tutta correrà alla danza,
quando il dio del Fremito guiderà i tiasi
"al monte! al monte!", là è in attesa
il branco delle donne
cacciate lontano da spole e telai
dal pungolo folle di Dionìso.
O dimora segreta dei Cureti,
sacri anfratti di Creta,
grotte natali di Zeus:
qui i Coribanti, cimieri a tre punte,
questo timpano, pelle tesa di toro,
per me inventarono.
Nell’intenso furore
lo mescolarono all’alito lieve dei flauti di Frigia
e lo affidarono alla Madre Rea,
compagno di strepito al grido delle Baccanti, euòi.
Lo ebbero i Satiri folli
dalla Madre Dea,
strumento perfetto
per le danze triennali,
gioia di Dionìso.
Dolce, sui monti, quando dalle sfrenate corse
si schianta a terra il tiaso,
addosso la sacra pelle del cerbiatto,
ebbro del sangue del capro fatto a brani,
ebbro di carne divorata viva,
quando si slancia sui monti di Frigia e di Lidia:
il dio del Fremito è nostra guida, euòi.
Stilla di latte la terra,
stilla di vino,
stilla di nettare d’api.
Aroma d’incenso di Siria nell’aria:
è Bacco, che esala dal tirso baleni di fiamma di pino,
si slancia a corsa e a ritmo di danza,
incita i suoi compagni erranti,
eccita con le sue grida,
scaglia al cielo il vortice dei suoi molli capelli.
E tra le grida di euòi ha fremito di tuono la sua voce:
oh, venite, Baccanti
oh, venite, Baccanti,
splendore del Tmolo nervato di rivoli d’oro:
celebrate col canto Dionìso
col fremito dei timpani profondo:
esultanti clamori di gioia, euòi,
per il dio della gioia, euòi,
tra grida e suoni di Frigia,
quando la melodia del flauto
è fremito di ritmi sacri,
compagni a chi vaga sul monte, sul monte:
felice, allora, come cavalla con sua madre
al pascolo, muove rapido il piede, a balzi, la Baccante.

VALENTINA RAGAGLIA

13 commenti:

  1. Grazie Valentina per questo intervento davvero significativo :-) A volte, anche per comodo e semplicità, si tende a raffigurare Dioniso semplicemente come la divinità del vino e del divertimento, una specie di macchietta sull'Olimpo in grado di stigmatizzare alcuni dei desideri più elementari degli esseri Umani. In realtà, osservandolo a fondo si scopre invece che forse tra tutti gli dei greci è il più profondo e religioso. Innanzitutto Dioniso non è il dio del vino in quanto tale, ma divinità del vino e dei suoi effetti, simboleggia l'irrazionalità e le passioni della mente umana. Inoltre in Dioniso si compie il ciclo della morte e della resurrezione, assente per qualsiasi altra divinità greca. Dioniso muore, scarnificato dalle Baccanti che lo credono un capretto, e risorge, continua a morire e continua a risorgere. Ecco allora la spiegazione dei riti misterici e dionisiaci: il tentativo dell'uomo di superare l'esperienza dell'umano, il suo tentativo di ergersi al di là della ragione e della materialità, di trascendere anche la propria individualità. Dioniso è allora il più puro e religioso dei dei greci. Ma Dioniso non è in grado di dare la Felicitò, la sua è una risurrezione incompleta, la Vita ha sconfitto la morte ma non per sempre, è un ciclo naturale in cui si riassume tutta la Natura. Questi riti sono quaindi pervasi della stessa irrazionalità che nel Novecento, nel nostro tempo, ha portato al teatro dell'Assurdo di Beckett, ai flussi di coscienza di Dalì, al surrealismo e a Dalì in arte. Sapete che Huxley già nel 1911 aveva predetto la Genetica? Tutto ciò grazie alle spinte irrazionalistiche del primo novecento. E infine non è forse vero che la figura di Orfeo, il mitico cantore capace di ammansire le tigri e smuovere le querce, era legato al culto di Dioniso e alla Tracia? E come dice Aristotele la Tragedia, una delle più alte espressioni del pensiero Occidentale non nasce proprio dal Ditirambo, canto in onore in Dioniso? Tragodia: canto del capro, canto sul capro... et cetera.. comunque legato a Dioniso che vede il suo tereomorfismo, cioè la sua trasposizione naturale e animale, proprio in un capro. Usciamo dagli stereotipi come bene ha fatto Valentina in questo testo e quindi facciamo tutti un "prosit" alla figura di Dioniso. ciao Jakob

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  2. Chapeaux a Valentina per questo post bellissimo, sia dal punto di vista formale (stilistico, del linguaggio) che delle tematiche!
    Nonostante ciò ti voglio invitare a riprendere le tue due riflessioni (spiritualità e religione della prima parte; baccanti della seconda) per farle maturare, in quanto oltre la superficie c'è molto altro!

    Sulle Baccanti io ho un progetto, di cui in un'altra sede, ti voglio parlare!

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  3. Le Baccanti ad ogni modo rivelano, dal mio canto, la parte più animalesca dell'uomo. Sono il simbolo della depravazione, dell'agire senza il condizionamento; in un certo senso anche della libertà, nella sua accezione comportamentale più libera!

    Prima di andare oltre, voglio riprendere questa bellissima tragedia di Euripide, che, per le sue singolarità strutturali e concettuali, non è apprezzata a dovere ancora oggi.

    Miriam

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  4. Io vorrei, invece, riprendere l'idea di tragicità presente in Nietzsche.
    Infatti, il fenomeno tragico, secondo il filosofo, agli occhi dei greci,assumeva il significato di una festa eccezionale e lungamente attesa.
    Ecco egli distingue due sfaccettature di questa realtà, complementari fra loro, l'apollineo e il dionisiaco. O sarebbe meglio usare, il vocabolo di istinti.
    Spiegando brevemente i due vocaboli, potremmo dire che l' APOLLINEO ( dal dio apollo) rappresenta l'armonia, l' odrine e l'equilibrio. Il Dionisiaco,(dal dio Dioniso) invece rappresente l'essenza "animale" se non bestiale che si manifesta. Entrambi i caratteri sono presenti nelle tragedie, anche se risultano disarmonici e squilibrati a partire dalla tragedia di Euripide nella quale vi è il prevalere dell'impulso appollineo che testimonia la prima affermazione della mentalità razionalistica nella cultura occidentale. Essi però erano armoniosi ed equilibrati nelle tragedie di Eschilo e Sofocle nelle quali i due principi sono rappresentati rispettivamente sdalla figura dell'eroe e dai dialoghi (apollineo) e dalla musica (dionisiaco).
    Infine, concludo dicendo, che questo post è davvero ben fatto, ed è un peccato che i nostri lettori si siano assopiti così velocemente. Un saluto.
    S.R.

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  5. secondo me il contenuto del post di valentina rappresenta quello che ho espresso nel post di jakob dell'altra volta: ovvero che dio non crea l'uomo, ma è l'uomo che crea dio a sua immagine e somiglianza. Ciò è evidentissimo nelle divinità greche: da zeus ad era, da apollo a dionisio, il quale come avete ben espresso voi, rappresenta l'irrazionalità e gli estremi umani.I passi avanti sono stati notevoli(come il passaggio dal politeismo al monoteismo) ma l'idea di base è sempre quella: attributi umani alle divinità. Se sono perfette, onniscienti e cose simili, come possono avere qualità umane, e quindi non perfette, come la misericordia divina o il giudizio sugli uomini?

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  6. Mi permetto di rispondere a Ottavio... "l'uomo crea Dio"... a mio parere l'uomo, dotato di ragione, intuito, coscienza, ha sempre saputo di non essere solo nel mondo. Magari in passato c’erano soprattutto ignoranza e superstizione, ma l’uomo si è evoluto, ha fatto numerose scoperte. Molti fenomeni che prima erano inspiegabili ora si sa siano governati da leggi fisiche. Ma molto altro rimane irrisolto. Ponendosi le domande "chi sono io?", "che scopo ha la mia vita?", "come sono nato?", "cos'è la vita?", l'uomo si rende conto di avere un'identità, uno scopo, una causa creatrice, di essere vivo. Osservando la natura, con tutti i suoi meccanismi, le sue leggi, la sua bellezza, osservando come funziona la ‘macchina’ più perfetta mai esistita (l’uomo), osservando il livello microscopico (l’atomo), e quello macroscopico (l’universo) del creato, non si può non pensare che tale perfezioni non sia stata “pensata”, “creata” da una mente geniale e benevola, che abbia pensato a tutto, ma proprio a tutto. Perciò non penso che l’uomo crei Dio, ma semplicemente si renda conto della sua esistenza! :)
    Chiara Cudini

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  7. Concordo con Chiara ed ancora una volta devo smentire Ottiavio su due fronti: 1) hai frainteso il messaggio della mia riflessione iniziale, perchè io volevo semplicemente legare la materialità dell'essere umano alla spiritualità che lo spinge a cercare e non a creare. Ovviamente è lo stupore di fornte all'imprevedibile che suscita nell'uomo con mezzi primitivi, l'idea che eventi naturali siano un messaggio o un segno. 2) Credo, che la tua opinione sulla creazione di Dio e non dell'uomo, non trovi fondamento neanche nelle più antiche riflessioni filosofiche, basti pensare al grande Platone. Perchè secondo te? Perchè è lo sviluppo del pensiero che fa sì che l'uomo scopra, attraverso la sua parte spirituale che ci sia qualcosa sopra di lui, non ha bisogno di creare, ma di cercare.
    Ovviamente, ne approfitto per ringraziare Jakob, per l'illustrazione del personaggio di Dionisio, Miriam per i suoi complimenti,( che mi fanno arrossire) Stefania con il suo commento interessantissimo sulla ripresa della tragedia di Nietzesche, , te, Ottavio per i quesiti che in ogni caso ti poni e che difficilmente i ragazzi d'oggi si fanno ed infine, ma non per minore importanza, ringrazio Chiara con cui condivido pienamente la visione che ha della spiritualità dell'uomo.
    Un saluto
    Valentina

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  8. Se sono perfette, onniscienti e cose simili, come possono avere qualità umane, e quindi non perfette, come la misericordia divina o il giudizio sugli uomini?

    Il paragone con la misericordia divina non regge! Se è divina, non ha certamente l'attributo "umano" di imperfezione!

    Spiegati meglio, affinchè ti possa almeno capire!

    Miriam

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  9. Invito i commentatori, però, a non cadere nei soliti canonici discorsi sull'ateismo e la fede! Cerchiamo di analizzare la questione sotto un'altra ottica, diversa, originale e forse, più produttiva

    MIRIAM

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  10. concordo con i posts di Miriam...Abbiamo affrontato altre volte questo argomento, caro Ottavio...quindi ti consiglio caldamente di leggere l'articolo che, per la formazione scolastica che hai è una perla culturale in più.
    Un saluto
    Valentina

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  11. per quanto riguarda miriam: è vero mi sono espresso male, ma volevo intendere comunque e tutti gli atteggiamenti umani, e di conseguenza imperfetti in quanto tali, riconosco di aver sbagliato nell'uso di divino.Comunque tornando al discorso delle baccanti: oltre ad euripide, vorrei fare riferimento ad un'altra tipologia di arte, resa straordinaria dai greci: la scultura. La menade danzante di Skopas, risalente all'età di decadenza della polis, esprime alla perfezione il concetto di furore dionisiaco e di pathos legato alle danze in onore del dio. Personalmente sono contrario ad ogni forma di estremismo, soprattutto se legato alla religione, e probabilmente il rito descritto è anche il più "intenso" in questo senso. Ciao!:)

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  12. Un saluto e un ringraziamento alla mia amica Chiara che lascia il suo primo commento nel nostro blog, dopo ovviamente quello relativo al nostro primo post di presentazione. Giusto inoltre il riferimento sovrastante a Skopas, colui che fu definito "lo scultore dell'animo umano". Nella Menade danzante tutto è movimento, dinamismo, torsione, ricerca dell'infinito. Si può persino paragonare la Menade di Skopas al noto uomo in movimento di Boccioni, che si può ammirare su tutte le monetine di venti centesimi. ciao Jakob

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